2023 CALENDAR
MECHANICS
TO COME
Pieces if the past,
for visions of the future
Cultivating the endless art of mechanics
The future
incorporates our history in a creative way: it has the memory and imagination of the dummy on the cover, which embodies a number of Brovedani components in ancient wood and is reminiscent of the early plates of machines from the first Encyclopédie by Diderot and D’Alembert. The future builds on our earliest knowledge, our experiences and our desire to amaze. In this spirit, we at Brovedani cultivate man’s oldest trade: mechanics, which originates from the dawn of time, from the first flints fabricated by our forefathers. Yesterday, today, tomorrow, there always has been, is and always will be mechanics. It is an extension of nature, a substratum of work and transformed matter that pervades all human artefacts and activities, including intangible ones. This is why we at Brovedani believe in the inexhaustible vitality of mechanics. This is why we persevere in nurturing an industrial project that still flourishes today, projecting our passion along the evolutionary trajectories that have brought us thus far, without ceasing to ask ourselves what we will be and what we should become in order to continue being.

In the 2023 Calendar, leaving aside clichés, we imagine the mechanics to come, indeed the mechanics we will be, in an attempt to seize the opportunities, contradictions and complexities of an epochal transformation that is taking place, with humanity suspended between the mind-blowing potential offered by digital instruments and a titanic challenge to sustain life on Earth. We will take this journey into a universe scattered with more questions than answers, through futuristic hypotheses accompanied by photographic metaphors “assembled” with pieces of our history. It will be an evocative story that aspires to capture the artistic side of mechanics: we want people to touch worlds that are only apparently distant, as the Greeks knew only too well when they coined art with the word “tékne”. Technics, art, mechanics: things-well-done, to give man future, beauty and happiness.
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EN
CALENDARIO 2023
LA MECCANICA
CHE SAREMO
Pezzi di passato,
per visioni di futuro
Coltivare l'arte senza fine della meccanica
Il futuro
incorpora creativamente la nostra storia: ha la memoria e la fantasia del manichino in copertina, che incarna nell’antico legno alcuni componenti Brovedani e tiene in mente le prime tavole di macchine della prima Enciclopedia: quella di Diderot e D’Alembert. Il futuro è costruito con le nostre conoscenze più remote, con le nostre esperienze e con la nostra volontà di sorprenderlo. Con questo spirito, in Brovedani coltiviamo il mestiere più antico dell’uomo: quella meccanica che proviene dalla notte dei tempi, dalle prime selci fabbricate dai nostri antenati. Ieri, oggi, domani, sempre, la meccanica è stata, è, sarà, un’estensione della natura: un sostrato di lavoro e di materia trasformata che pervade tutti i manufatti e tutte le attività umane, anche quelle immateriali.

Per questo, in Brovedani, crediamo nell’inesauribile vitalità della meccanica. Per questo coltiviamo con perseveranza un progetto industriale che fiorisce ancora oggi, proiettando la nostra passione lungo le traiettorie evolutive che ci hanno portato fin qui: senza smettere di chiederci cosa saremo e come dovremmo divenire per continuare a essere.

Nel Calendario 2023, fuori dei luoghi comuni, immaginiamo la meccanica che verrà, anzi la meccanica che saremo, cercando di cogliere le opportunità, le contraddizioni, le complessità di una trasformazione epocale in atto, con un’umanità sospesa tra le potenzialità vertiginose offerte dagli strumenti digitali e una sfida titanica per sostenere la vita sulla Terra.

Faremo questo viaggio in un universo costellato di domande più che di risposte, attraverso ipotesi futuristiche accompagnate da metafore fotografiche “assemblate” con pezzi della nostra storia. Sarà un racconto evocativo che aspira a cogliere anche il lato artistico della meccanica: vogliamo far toccare mondi solo all’apparenza lontani, come ben sapevano gli antichi greci, quando coniarono l’arte con la parola “tékne”. Tecnica, arte, meccanica: cose-fatte-bene, per dare all’uomo futuro, bellezza, felicità.
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E arrivò il tempo in cui piogge di bit cominciarono
a “bagnare” la terra. E l’uomo cominciò a comprendere
che quelle strane gocce binarie
c’entravano profondamente con il suo destino.
Un mondo popolato da doppi digitali…
Uno specchio invisibile dove scorre il grande fiume dei dati…
Davanti allo specchio senza confini, continua a risplendere
la bellezza al decimo di micron della meccanica.
L’idea concepita cominciò a staccarsi dall’artefice, a vivere di vita
propria, a specchiar le sue metamorfosi su altri mondi.
Cominciò a raccontarsi da distanze inesplorate.
A stupire, finanche, chi era disposto ad ascoltarla.
Solo uno sguardo ampio e barlumi di esperienza riuscirono
a illuminare la forza motrice di quegli eterei ingranaggi di pensiero.
Si apriva davanti a noi un immenso campo verde, tutto da coltivare.
Una coscienza diffusa in miliardi d’intelligenze
incarnate nel metallo, cominciò a guidarci
in territori solcati da strade invisibili,
in viaggi che prima non esistevano.
La ragione grande che scorre porta ossigeno alle macchine.
Come creature dell’Oceano,
idee costruite dall’uomo esistono e vivono
nel fluire condiviso della conoscenza.
La salvezza si conquista ogni giorno…
con l’energia misurata di necessari movimenti.
Con il respiro degli acrobati, limiamo quella leggerezza
che ci tiene sospesi sugli orizzonti della vita.
Li avevamo fiduciosamente chiamati “ghiacciai eterni”:
non avevamo calcolato che la poesia della natura
avrebbe combattuto contro il respiro
delle “cose” e delle macchine create dall’uomo.
“Qual è il confine di un ecosistema? Quale energia lo sostiene?”
Mentre si poneva queste domande,
lassù intravide un barlume di risposta:
“Nasciamo e viviamo sotto il cielo vasto del mondo.”
Attraversiamo fiumi e costruiamo ponti,
perché la speranza sta tutta
- o anche molta, o solo abbastanza -
su quell’altra sponda: là dove continuiamo a trovare parti di noi.
Lasciala guardare, cura la sua concentrazione.
Con i pezzi rimasti delle nostre astronavi,
lungo traiettorie da noi solo abbozzate,
ci porterà su pianeti lontanissimi, che stentiamo a immaginare.
Nulla si crea. Nulla si distrugge. Tutto si trasforma.
Come le antiche civiltà, la meccanica sepolta
sotto la polvere del tempo potrebbe di nuovo ispirarci.
E il moto del futuro potrebbe scoccare nel cielo delle origini.